Le conseguenze per l’ambiente

Nella cartina sono indicate le intensità delle dosi  locali nelle vicinanze di Chernobyl (a sinistra) e di Fukushima (a destra) un mese dopo il relativo incidente. Grafica: IFSN
Le zone a 10 e 30 km dalla centrale nucleare di Chernobyl. Fonte: GRS

Nel caso di Chernobyl, molto rapidamente dopo l’inizio dell’incidente fuoriuscì una quantità notevole di radioattività. In questo modo non si poté organizzare un’evacuazione tempestiva e non solo il personale della centrale sul posto, ma anche la popolazione delle zone circostanti venne esposta a forti dosi di radiazioni. Nei giorni e nelle settimane successive si evacuarono inizialmente poco più di 100’000 persone in un raggio di 30 km dalla centrale, negli anni seguenti altre 200’000. La nuvola radioattiva trasportata in seguito all’esplosione e all’incendio in alta quota contaminò in misura diversa parte dell’Ucraina, della Bielorussia e della Russia e anche estese regioni europee. Per far fronte all’incidente, in particolare per evitare ulteriori emissioni di radioattività racchiudendo il reattore dell’incidente in un cosiddetto sarcofago, si fecero intervenire centinaia di migliaia di lavoratori (“liquidatori”). Soprattutto le persone intervenute immediatamente dopo l’incidente ricevettero dosi di radiazioni in parte estremamente elevate.

Le zone a 20 e 30 km da Fukushima ed i punti di misurazione in mare. Fonte: GRS

Secondo una stima delle autorità giapponesi la radioattività emessa sino a oggi al sito di Fukushima è un decimo di quella di Chernobyl. A Fukushima la radioattività si diffuse più debolmente tramite l’atmosfera, per cui tendenzialmente la contaminazione si concentrò  di più nelle regioni circostanti. Grazie a dei venti prevalentemente occidentali una grande parte della radioattività venne trasportata sul Pacifico, e inoltre acqua di raffreddamento estremamente radioattiva si riversò in mare. Poiché soltanto dopo alcuni giorni si ebbero emissioni importanti di radioattività, in un raggio di 20 km dall’impianto è stato possibile evacuare tempestivamente la popolazione, da 70’000 a 80’000 persone circa. In un secondo tempo l’evacuazione venne estesa a singole zone fortemente contaminate al di fuori di quest’area. Le forze d’intervento necessarie a Fukushima per far fronte all’incidente  sono state notevolmente inferiori per numero a quelle di Chernobyl. Secondo quanto dichiarato dalle autorità giapponesi, dei 300 lavoratori chiamati a intervenire a Fukushima-Daiichi, 28 hanno ricevuto una dose di 100 Millisievert; nessun lavoratore ha quindi fino a ora raggiunto il valore limite di 250 Millisievert fissato dalle autorità per i casi d’emergenza.

Nel caso di Fukushima, attualmente è ancora difficile valutare le conseguenze a medio e a lungo termine per l’uomo e l’ambiente. Globalmente si può però presumere che le conseguenze radiologiche dell’incidente di Fukushima siano notevolmente meno gravi di quelle di Chernobyl. Intorno a Chernobyl è stato vietato l’accesso a una zona di 4000 chilometri quadrati che fino ad ora non ha potuto essere utilizzata. Questa situazione si protrarrà ancora a lungo. Attualmente non si può ancora dire per quanto tempo rimarrà chiusa la zona vietata in un raggio di 20 chilometri dal sito di Fukushima-Daiichi.  A parte le conseguenze radiologiche, non va dimenticato un ulteriore importante fattore: le conseguenze psichiche della paura delle radiazioni e dello sradicamento delle persone evacuate.